Cenni storici
Una data di sicuro riferimento per accertare l'esistenza dell'insediamento di Melissano è il marzo 1269 quando, dai registri angioini, intuiamo che ci fu un provvedimento a favore del feudatario di Melissano, Romeo Pez (o Per) di Navarra, contro i suoi vassalli che si rifiutano di corrispondergli il canone. L'insediamento esisteva già prima, sicuramente in epoca sveva, quando probabilmente Melissano apparteneva ad un tale Iordani Sicecte, periodo al quale risale l'epigrafe un tempo esistente nella chiesa madre di Racale (Santa Maria de Paradiso), dove sono riportati i possedimenti dei feudatari Bonsecolo, tra cui alcuni fondi vineati in pheudo Melessani.
Se risulta ancora difficile trovare tracce di frequentazione dell'antica Melissano, grazie alle ultime ricognizioni archeologiche (survey) sappiamo tuttavia che il suo territorio fu interessato in epoca romana da alcuni insediamenti rurali, tra cui il probabile vicus in contrada Civo (sul triconfinio Melissano-Racale-Taviano), sito che in passato ha presentato vestigia umane ancora più antiche come una specchia e delle selci piromache; il toponimo Civo, inoltre, è rimasto scolpito nella memoria locale anche per la presenza della millenaria abbazia italo-greca, già attestata nel 1120 quando nella chiesa abbaziale fu sepolto Giliberto, il connestabile del conte Goffredo di Nardò. Scomparsa la comunità monastica "basiliana", l'abbazia cadde in commenda nel XV secolo, ma rimase forte la devozione della gente dei paesi vicini, tanto che si radunavano il 25 marzo di ogni anno davanti ai resti della chiesa abbaziale. I ruderi furono eliminati pochi decenni fa.
Altri insediamenti intercettati sono siti in contrada Spagnuli e Stigliani (in prossimità della contrada "Trappeto la Grotta"), sito quest'ultimo che presenta delle buche da palo, probabilmente riconducibile ad un piccolo insediamento all'età del bronzo.
Il toponimo stesso Melissano, secondo numerosi storici di origine romana, indicherebbe la presenza romana nel territorio, mentre secondo altri studiosi risalirebbe all'epoca bizantina, in special modo in seguito alla renovatio di Basilio I alla fine del IX secolo, grazie ai coloni provenienti da Eraclea sul Ponto (donde il nome Racale) e con la presenza sul territorio dello stratega bizantino Melisio.
Altre prove della Melissano medievale compaiono in diversi documenti del XIV secolo, mentre l'insediamento rimase spopolato nei primi anni del XV secolo: da un documento dell'ottobre 1452, scoperto recentemente, apprendiamo che Melissano rimase spopolato o quasi a causa delle continue lotte all'interno del regno di Napoli, in particolare la discesa di Giacomo Caldora con la sua compagnia, con il chiaro intento di punire i Del Balzo. Questo documento, o meglio privilegium del nuovo re aragonese Alfonso I, concede a Raimondo Del Balzo, feudatario di Melissano, di ripopolare il suo feudo con elementi stranieri che non dovevano essere più di 20 elementi se nella tassazione del 1459 Melissano viene censita con 4 fuochi.
Sicuramente in questa fase esistevano nell'insediamento, ancora dal carattere aperto del tipo casale, almeno 2 chiese, una dedicata a S. Pietro, l'altra a S. Nicola, probabilmente di culto italo-greco e il più antico edificio sacro attestato.
Ben poco sappiamo della Melissano cinquecentesca, se non della presenza di due probabili fortellizzi (uno presso l'attuale palazzo Panico, l'altro nell'attuale palazzo Monsellato già Ricchello), probabilmente per prevenire le scorrerie turche, allora frequenti nella penisola salentina. Verso il 1570 viene edificata, affianco ai ruderi della chiesa di S. Nicola, l'ex chiesa di S. Antonio che ebbe nel suo interno l'altare della Beata Vergine del Rosario fatto edificare da Scipione Pansa nel 1575.
Una volta smembrata la contea di Alessano e marchesato di Specchia, Melissano passò ai De Franchis che già possedevano già Taviano. Sino al 1723 i De Franchis ebbero modo di veder crescere Melissano con la presenza di diverse case a corte e di masserie nel territorio circostante che nel frattempo ha conosciuto una massiccia conversione da vigneto ad uliveto, ben adatto al nuovo tipo di coltura estensiva. Al 1614 risale la tela di S. Antonio da Padova, così come alla stessa epoca dovrebbe risalire la tela della Madonna del Rosario, entrambe attualmente custodite nella nuova chiesa parrocchiale.
Nel XVII secolo il pericolo turco era ancora fortemente sentito se nel 1686 l'Università di Melissano acquistò acquistò un moschetto, un archibugio, tre rotoli di polvere e due rotoli di miccia; le masserie più delle campagne circostanti non a caso presentano feritoie in caso di attacco come il caso delle masserie Cuntinazzi e Cucuruzze.
Grazie al catasto onciario del 1744, comprendiamo la vocazione quasi completamente agricola dei melissanesi, caratterizzata dai possedimenti di vigne, oliveti e seminativo, con un territorio caratterizzato da molti toponimi morfologici come avvallamenti (lamie), ristagni d'acque (lacco, laqquare) e vore, che quasi sempre coincidono con il partifeudo dei paesi contermini e alcuni fitotoponimi (Cornula, Mortellare, la Fica); pochissime sono le strade abitate censite tra cui strada delli Molini, strada nuova, loco Castello e la Piazza. Nel frattempo la borgata di Melissano passò sotto i principi Caracciolo (dal 1723), che la detennero sino all'abolizione della feudalità (1806); anche dopo tale evento pretesero comunque alcuni diritti dai melissanesi, tanto che la lite con i Caracciolo finì nel 1809 dinanzi alla Suprema Commessione feudale.
Dopo l'abolizione della feudalità, la borgata non fu eretta in comune autonomo e fu aggregata a Taviano, in quanto allora Melissano contava poco più di 500 anime. La fuga di risorse finanziarie non permise, allora, "la formazione di una classe borghese interessato al miglioramento economico del casale e in grado di rivendicare l'autonomia amministrativa".
Nel frattempo le condizioni igieniche nella prima metà del XIX secolo non erano proprio buone: nel 1811 a Melissano morì più del 10% della popolazione per carestia e la popolazione fu costretta a nutrirsi persino di radici e papaveri (come in tutta la provincia); nel 1827-29, il numero di morti per colera eguagliò il numero delle nascite, mentre negli anni 1839-42 e 1847-49 persino superò le nascite.
Nel 1850 ci fu un primo tentativo di richiesta per l'autonomia amministrativa, ma fu rigettato per l'estrema miseria degli abitanti. Nel 1861, anno della proclamazione del regno d'Italia, ci furono tumulti contro il neonato regno sabaudo: il culmine si giunse il 27 luglio 1863, quando fu ucciso il prete don Marino Manco, a causa delle sue idee liberali.
Il 24 febbraio 1869, i melissanesi poterono essere testimoni di un evento prodigioso: una piccola statua della Madonna Immacolata, in occasione di un terribile temporale, pianse e il temporale terminò; da allora, ogni anno, si festeggia nel paese la Madonna del Miracolo.
Gli anni della riscossa si ottennero alla fine del XIX con il boom della coltivazione della vite: dal 1880 al 1889 la produzione di vino passò da 250.171 ettolitri a 965.830; alcuni proprietari dei paesi limitrofi furono così invogliati a trasferirsi a Melissano per seguire da vicino gli investimenti.
Nel frattempo dal 1 gennaio 1885, su richiesta degli abitanti di Melissano, la frazione fu staccata da Taviano per far parte del comune capoluogo di Casarano. Nello stesso anno, inoltre, partono i lavori per la costruzione della nuova parrocchiale intitolata alla Vergine del Rosario, ma per un'opera così imponente i lavori andarono a rilento a causa della conseguente crisi della viticoltura che rallentò la crescita dei profitti dei melissanesi. La chiesa fu inaugurata l'8 febbraio 1902.
Fra le cause della crisi ricordiamo anche la comparsa della filossera e l'assenza di latifondi e quindi la conseguente polverizzazione agraria che esprime uno stato di agricoltura arretrata. A ciò si pose rimedio qualche decennio più tardi con la costituzione della Cantina Cooperativa e più tardi ancora con l'Unione Agricola.
Nel 1902 venne elevato un simbolo della comunità melissanese, la torre civica, che fa da preludio all'autonomia amministrativa ottenuta nel 1922. Negli anni '30 il centro antico conosce il risanamento igienico che per permettere un'aria più sana e la non ristagnazione delle acque, ma che sventrò diverse abitazioni dell'antico abitato e cambiò radicalmente l'aspetto urbanistico, passando dalla tipica disposizione a vicoli chiusi a quella più aperta con diverse arterie interne praticabili. Gli ultimi decenni hanno visto un ampio sviluppo urbanistico ed una forte affermazione del polo industriale, soprattutto nell'ambito calzaturiero.
Dal 2003 Melissano si fregia del prestigioso titolo di città.
Stemma
Lo stemma civico di Melissano rappresentante un carrubo, non fu più usato a partire dagli anni trenta, nè fu sostituito, per cui, dimenticato il simbolo originario, il Comune si ritrovò senza emblema.
Nel 1952, l'Amministrazione Provinciale chiese la riproduzione dello stemma melissanese e quindi il sindaco, avv. Elio Santaloja, scrisse al prof. Luigi Corvaglia, "appassionato cultore di storia del Salento", per avere notizie in merito.
Il Corvaglia, così rispose il 27 febbraio dello stesso anno: "Caro Elio, lo stemma che ha Melissano è quello di Casarano. Quando il paese fu eretto a Comune autonomo (1923), i Commissari (io, l'avv. Felice Panico e il dott. Vito Caputo) chiedemmo alla Prefettura l'autorizzazione ad assumere come stemma questa impresa: un cespuglio di melissa in fiore, su cui un'ape si libra cogliendo il polline; intorno in cartiglio la scritta: "APIS NON VESPA". Che il motto non piaceva per il suo mordente, proponemmo in subordine un tratto latino dell'ape oraziana. Ma a quei tempi montava la marea fascista e la Prefettura bocciò la proposta in odium auctoris.
Così restò l'impresa casaranese della quercia , con la serpe che sale per il tronco, vieto il motivo dell'iconografia araldica italiana. "Impresa cesarea" secondo i facili etimi che ritrovano Cesare alle origini del paese di Papa Tomacelli, Ottaviano a quelle di Taviano, Eraclio a quelle di Racale e sciolgono i prae-siccum Presicce, in ricca d'acqua Acquarica, o appiccarono le ali ad Alliste, marchianamente ignorandone l'origine greca della bellissima, rimasta nel nome dialettale "Kaddhiste", ecc... Per l'impresa di Casarano c'è però un'altra versione meno aulica. Essa trae l'etimo del gergo, per metatesi, da casara, alias sacara, il che spiegherebbe la presenza, nello stemma, della serpe che monta per raggiungere i nidi della chioma dell'albero. Se così fosse, bisognerebbe conservare quest'"impresa" ch'è così congeniale anche a Melissano, per via del rettile.
Caro Elio, sorvola su questa nota che, a dirla col De Bonald, mi suggerisce "La collera dell'amore" verso il mio paese natale, sempre e ancora a me diletto, ma purtroppo così remoto da come io l'avrei voluto. E se ti riesce, ridai pure a Melissano uno stemma suo; ma soprattutto, come altra volta ebbi ad augurarti, avvaliti dello stato di grazia in cui ci sei, giovane, intelligente, intrepido, per risvegliare intorno a te la gioventù non ancora decrepita e ridare al paese la sua tradizione di serietà, di onestà e di intelligenza operosa."
Ma solo nel 1958 l'Ammistrazione comunale si occupò del "Riconoscimento dello stemma civico e del Gonfalone Municipale" predisposto dallo studio raraldico di Genova. Il sindaco Arturo Giuranno, infatti, riferì ai consiglieri che "il Comune di Melissano, autonomo dal 1° gennaio 1923, non ha ancora nè lo stemma civico nè il gonfalone municipale e pertanto propone di adottare una stemma dalla seguente blasonatura: "di azzurro, all'ape di oro, accostata da tre carrube (melissa), due ornate in capo e una in punta dello scudo, e un gonfalone dai seguenti segni esterni: " di azzurro, caricato dell'arma sopra descritta. Passa ad illustrare i precedenti storico-coreografici, ponendo in risalto, come la denominazione del paese (Melissano) nasca dalla collatura della melissa quivi preesistente, avanti che vi fossero edificati i primi abituri che a poco a poco, anche per la fertilità del terreno, crebbero dando vita a un popolo laborioso e parco. Dice ancora che la melissa è un erba avidamente ricercata dalle api, donde l'origine del progetto araldico stesso".
Uno stemma civico, quindi, che solo indirettamente si richiama al nome del paese; l'ape, infatti, viene rappresentata perchè "ricerca avidamente la melissa", mentre, se effettivamente il toponimo "Melissano" deriva da questa pianta, sarebbe stato più opportuno aderire alla proposta del Corvaglia o, meglio ancora, ritornare all'emblema originario della Frazione. I consiglieri, comunque, approvarono all'unanimità la relazione del sindaco, adottando il progetto araldico così come predisposto.
Testo tratto da "Melissano -società economia e territorio fra '800 e '900" di F. Scozzi